festival,  Promo

Concerto d’organo

DOMENICA 19 MAGGIO
SONNTAG, 19. MAI
POMAROLO
Chiesa parrocchiale, ore 10.30
Pfarrkirche, 10,30 Uhr
Organo|Orgel: Tomas Gavazzi

PROGRAMMA

GIROLAMO FRESCOBALDI (1583-1643)
Toccata quinta (dal II libro di toccate)
Toccata quarta per l’organo da sonarsi alla levazione
Bergamasca

JOHANN KASPAR KERLL (1627-1693)
Toccata quinta de’ salti

BERNARDO PASQUINI (1657-1710)
Variazioni capricciose

GIOVANNI MORANDI (1777-1856)
Sonata terza
Sonata in re maggiore

NICCOLÒ MORETTI (1764-1821)
Sonata VIII ad uso sinfonia

GAETANO DONIZETTI (1797-1848)
Grande offertorio in Do

 

In collaborazione con | In Zusammenarbeit mit

Associazione Castelbarco di Pomarolo

Locandina
Programma di sala

TOMAS GAVAZZI si è diplomato con il massimo dei voti in Organo e Composizione Organistica sotto la guida del M° Matteo Messori presso il Conservatorio
“N. Paganini” di Genova e Bergamo. Si è successivamente specializzato laureandosi con il massimo dei voti e la lode in clavicembalo & tastiere storiche presso il Conservatorio di Bergamo. Ha partecipato a diversi concorsi organistici nazionali ricevendo numerosi premi e attestazioni di merito quali il primo posto assoluto al V International organ competition “Agati Tronci” 2017; il primo premio assoluto al “I° concorso organistico internazionale Roccatagliata” 2018; il secondo posto assoluto al “Concorso nazionale S. Guido D’Aquesana” (primo non assegnato), ecc… È cembalista/continuista/solista nell’Ensemble Locatelli, collabora con diverse formazioni cameristiche, dal 2016 è cembalista dell’Accademia dell’Annunciata (Milano) insieme al maestro Riccardo Doni, collabora come cembalista con l’“Accademia Montis Regalis” e ha collaborato con “La Cappella Augustana”. Nel 2018 ha frequentato una masterclass con l’“Accademia del Giardino Armonico” sotto la direzione di Giovanni Antonini. Ha inciso 6 CD per etichette quali “ClassicaDalVivo, RiverRecords, DEVEGA, Arcana, Tactus”, in particolare
le “Sonate per violino e clavicembalo” di J. S. Bach (2019). Ha tenuto concerti in Italia, Olanda, Francia, Svezia, Germania e Svizzera come cembalista e organista. Ha partecipato in veste di cembalista ad una tournèe di concerti in Bolivia per il “festivales apac” (festival di musica barocca) e per il “Bach-festival” a La Paz dove ha tenuto una masterclass di cembalo per gli allievi del conservatorio superiore di La Paz.

NOTE AL PROGRAMMA

Al seguito della celebre famiglia lombarda dei Serassi, dinastia di organari attiva per quasi due secoli dal Settecento ad Ottocento inoltrato, Damiano Damiani (1763-1842) fu operativo nell’area circostante il Lago di Garda e in Trentino (Riva Rovereto Roncegno Levico Cavedine Cles…) costruendo numerosi strumenti, alcuni, più o meno fortunosamente, ancora presenti ed efficienti con la fonica originale. Del resto a Fra’ Damiano, ordinato cappuccino nel 1793, non molto restava di che vivere, se non appunto l’arte organaria, al seguito degli editti napoleonici del 1810, abrogativi degli ordini religiosi; l’organo di Pomarolo, datato 1838, rappresenta uno degli ultimi manufatti, prima del ritorno in convento nello stesso anno. A quel punto la grande storia, tra Congresso di Vienna e Restaurazione, aveva in effetti ripristinato lo status quo ante, compreso l’ordine del nostro, ma, come sempre accade in tutte le grandi rivoluzioni, non avrebbe potuto evitare che il seme gettato nel terreno fertile delle idee germogliasse vigoroso, soprattutto nell’Italia dei prodromi risorgimentali. Se a noi posteri spetta poi l’ardua sentenza, con i suoi registri di colore – oboe (per la prima volta, in Italia, inserito fra i registri di un organo!), corno inglese, viola e cornetta – con i tromboni e i timballi al pedale, il prezioso organo di Pomarolo non solo rappresenta il gusto coloristico serassiano, ma pure una sorta di eredità napoleonica, lasciata sulle strade e sulle piazze dalle fragorose sonorità di fiati e percussioni ed entrata pure nelle chiese, fisicamente, con gli strumenti in cantoria, oppure sintetizzata appunto dall’organo. Per dire poi attorno ad implicazioni del pensiero democratico di libertà e uguaglianza nel cuore del linguaggio musicale basti l’osservazione del programma di stasera che sortisce con il tastierismo secentesco di Frescobaldi e Kerll, centrato sulla forma, all’epoca nuova, della toccata, una scrittura mutuata dalla prassi di “toccare” lo strumento per saggiarne l’intonazione e assurta al compito di creare un idioma strumentale specifico, libero da influenze vocali. In parallelo con il parente clavicembalo, l’organo veniva qui invitato ad uno stile “non soggetto a battuta” ossia al rigore della scansione ritmica, nel mentre la melodia si frammentava in diminuzioni e abbellimenti sopra un contesto armonico ancora in sospeso tra modalismo e tonalità. Una forma che rimanda ad una comunicatività di tipo solipsistico, nel segno di una quasi totale capricciosa imprevedibilità: viceversa e nonostante il titolo, ma cinquant’anni dopo, le “Variazioni capricciose” di Pasquini sembrano assorbire il monito del metodo “cartesiano”, ritornando un dettato ritmico nei ranghi della pulsazione misurata: le variazioni si susseguono come piccoli sipari, ciascuno destinato ad una diversa tecnica, nel pieno controllo da parte dell’esecutore. Ci vuole un secolo stavolta, ma ecco arrivare al galoppo i Morandi e i Moretti sventolando stendardi e suonando allegre marce attorno all’albero della libertà: è solo un’immagine naturalmente, ché le biografie di entrambi non ne fanno certo degli Ugo Bassi. Tuttavia in queste sonate su melodie cantabilissime, popolari e teatrali, accompagnate da batterie di accordi insistenti sulle primordiali cadenze armoniche, rese spettacolari dall’uso di registri orchestrali e bandistici, trapela la considerazione che il popolo di Dio è probabilmente lo stesso popolo delle barricate, che forse passa meglio il suo tempo in chiesa, nel mentre il sacerdote compie il rito, con il “pop” dell’epoca, teatrale o appunto stradaiolo. I risultati non saranno forse capolavori assoluti, ma toccavano quel sentimento (capacità di sentire), che arriva al cuore e rende tutti gli uomini uguali. Cosa restava infine a Donizetti se non un Offertorio come una Sinfonia avanti l’opera, conquistato dal sorriso del Barbiere di Siviglia?
Alessandro Arnoldo