festival

Musiche di compositori trentini del Cecilianesimo | Musik von cäcilianischen Komponisten aus dem Trentino

SABATO 8 GIUGNO
SAMSTAG, 8. JUNI
CLOZ
Chiesa parrocchiale, ore 20.30
Pfarrkirche, 20,30 Uhr
 

DOMENICA 9 GIUGNO
SONNTAG, 9. JUNI
TRENTO • TRIENT
Badia di S. Lorenzo, ore 20.30
Abtei von S. Lorenzo, 20,30 Uhr

CORO S. LUCIA DI MAGRAS
Organo|Orgel, Tiziano Rossi
Direttore|Leitung, Fausto Ceschi

Programma

GIUSEPPE TERRABUGIO (1842-1933)
Preludio per organo op. 56, n. 1

RICCARDO FELINI (1865-1930)
Iam non dicam vos servos

MARCO ODORIZZI
Ave regina coelorum

EDUARD KÖLL (1877-1920)
Veritas mea

FRANCESCO MORONI (1800-1872)
Tota pulchra

IGINIO DAPREDA (1903-1988)
Meditazione

LUISA ANZOLETTI (1863-1925)
Regina coeli

RICCARDO PEDROTTI (1890-1980)
O Salutaris Hostia

CELESTINO ECCHER (1892-1970)
Justorum animae

ANTONIO MUSCH (1809-1888)
Libera me Domine

FRANCESCO MORONI
Sinfonia

GIUSEPPE TERRABUGIO (1842-1933)
Vexilla regis

IGNOTO
Pastores

IGINIO DAPREDA
Ego sum panis vivus

RICCARDO ZANDONAI (1883-1944)
Te Deum

Locandina
Programma di sala

In collaborazione con | In Zusammenarbeit mit

Note al programma

In principio era il teatro d’opera. Fin dal Cinquecento quando era nato tra Firenze, Mantova, Venezia, Roma e poi per tutto il Settecento soprattutto a Napoli, era l’attività prediletta delle famiglie nobili: si riunivano nei palchetti – adibiti a veri e propri salotti privati – dove si consumavano cene, affari, rinfreschi, intrighi amorosi, interrotti solamente per ascoltare, ogni sera, l’interpretazione sempre nuova dell’aria del divo cantante. Ma era pur sempre un’attività per pochissimi abbienti: per tutti gli altri c’erano la chiesa e l’organo, nel quale, progressivamente, erano stati stipati tutti i registri più fragorosi, tipici delle bande e delle orchestre. Anche i più piccoli cori di campagna erano costituiti da uno o due buoni, buonissimi tenori e un basso: durante le feste grandi davano sfoggio del loro virtuosismo da quel “palco scenico” che era la cantoria. E così anche il popolo poteva ascoltare le sue arie e i suoi duetti: certo la musica era “mascherata” (e nemmeno molto abilmente) dai testi di “Tantum ergo” e inni sacri, ma i richiami a Rossini – lo sentiremo nel brano Pastores di un ignoto del XIX secolo, e a altri maestri del melodramma erano ben presenti. Anche i compositori locali si adeguarono a questo stile orecchiabile, piacevole (per il popolo, non certo per l’autorità ecclesiastica!), alla moda: Francesco Moroni (1800-1872), bresciano d’origine, medico, impresario, organista in Santa Maria Maggiore, una vita funambolica e irrequieta, fu sicuramente il più fecondo tra questi, per la vena semplice, immediata e diretta (sarà sufficiente l’ascolto di questa Sinfonia per organo per comprenderlo). Le sue composizioni, sacre (36 le messe scritte) e profane – pubblicate anche per l’editore Ricordi – godevano di una diffusione straordinaria: il brano Tota pulchra, tanto per citarne uno, è stato ritrovato manoscritto in tre archivi diversi del Trentino. Anche don Marco Odorizzi, originario di Tassullo e per trent’anni curato a Dimaro e Carciato, che pure era prete, si adeguò a questo stile semplice e intuitivo, lasciando pagine di messe, mottetti, inni nelle raccolte manoscritte conservate nelle parrocchie solandre. Pur non riconducendoci immediatamente al virtuoso stile teatrale anche le composizioni di Antonio Musch (1809-1888), bolzanino, maestro di cappella nel Duomo di Trento, hanno una melodia semplice e di facile apprendimento, che guarda ai compositori tirolesi. Questo suo Libera me Domine era uno dei brani più diffusi e cantati durante le esequie. Nella seconda metà del XIX secolo l’Europa musicale fu travolta da un’ondata riformatrice che, partendo dalla Germania negli Anni Settanta, si espanse progressivamente, entrando in tutte le cantorie, dalle più grandi cattedrali alle più sperdute chiesette di montagna. La riforma – che prende il nome di “Cecilianesimo” in onore della Santa patrona della musica – aveva l’intento di ricondurre la musica liturgica ai modi, ai toni e a gusti più consoni alla chiesa, giacché, come abbiamo visto, nei decenni precedenti si era sensibilmente impregnata di uno stile tipico della musica più di moda dell’Europa dell’Ottocento (e l’Italia ne era la patria): il melodramma. Riccardo Felini (1865-1930) fu il principale esponente del movimento di riforma ceciliana: anch’egli maestro di Cappella nel Duomo di Trento dal 1894 (ruolo che ricoprì dopo un biennio di studio a Ratisbona, dove Lorenzo Perosi fu suo compagno di banco), compose mottetti e inni secondo lo stile prediletto (e quasi imposto) dai riformisti, ovvero secondo lo stile di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594) e della scuola della polifonica classica romana rinascimentale. Al bando dunque le lunghe arie con melodie ridondanti che chiamavano l’applauso, via i pezzi eccessivamente lunghi a mo’ di cavatina, ed ecco il falsobordone, e le polifonie semplici, lineari, con testi intellegibili e non storpiati e che favorivano la preghiera. Questo Iam non dicam vos servos (trascrizione di Cecilia Delama, dall’archivio musicale del seminario minore), è un modello di questo stile che richiama la polifonia e il semplice contrappunto: ma è anche un esempio di come, spesso, i ceciliani misero al bando anche la fantasia, l’invenzione, la varietà armonica e melodica, frenando il processo compositivo sacro. L’altro grande trentino di questo programma, Giuseppe Terrabugio (1842-1933), fu invece un campione del cecilianesimo italiano: nato a Fiera di Primiero trovò il suo habitat nella Milano di fine Ottocento, dove fu proprietario ed editore del giornale “Musica Sacra” la principale rivista di riferimento per i riformatori italiani. Terrabugio, che della Società Ceciliana Trentina era presidente onorario, tentò di dare una nuova linfa vitale allo sterile polifonismo alla maniera di Palestrina: le sue composizioni, pur diffusissime e pubblicate da Ricordi e altri editori, attendono ancora un’accurata indagine. Di Eduard Köll poco o nulla si sa: fu organista nel seminario di Trento a fine secolo, quando già stava rendendo piede questo stile riformato: questo Veritas mea (trascrizione di C. Delama) era diffusissimo sia nel Seminario di Trento che in Val di Sole. Ma il suo nome è legato a Celestino Eccher (1892-1970), di cui fu predecessore come organista. Con Eccher si apriva in Trentino un’altra, grande stagione del cecilianesimo, questa volta legato all’Italia e non più alla Germania, come era stato con Riccardo Felini. Ancora non sappiamo dove Eccher abbia imparato i primi rudimenti di quella che è, a tutti gli effetti, una felicissima vena compositiva, tanto raffinata quanto, talvolta, criptica: certo è che il suo catalogo sterminato – l’archivio dei manoscritti conta più di 800 pezzi – godette di una diffusione enorme, dentro e fuori Diocesi. Completano questo programma tre autori che non rientrano in nessuna di queste due categorie – quelli che potremmo definire “pre ceciliani” e riformatori – ma che si dedicarono, sporadicamente, alla composizione sacra: Riccardo Zandonai (1883-1944), direttore d’orchestra, compositore, poi direttore del Conservatorio di Pesaro, si dedicò principalmente al melodramma (celebre è la sua Francesca da Rimini, 1914, su testo di Gabriele d’Annunzio), alla produzione vocale e da camera. Il brano Regina cœli (trascrizione di C. Delama, prima esecuzione assoluta) di Luisa Anzoletti (1863-1925) è, finora, l’unico pezzo noto di Luisa: poetessa e scrittrice, seppe imporsi nel panorama letterario coevo (di lei scrissero anche Antonio Fogazzaro e Giosuè Carducci). Ma nel mondo musicale Luisa, emerge talvolta e timidamente, dall’ombra del fratello Marco, grande violinista (ventunenne divenne insegnante di violino al Conservatorio di Milano) e concertista, restituita dalle cronache come pianista accompagnatrice nelle tournée concertistiche del fratello. Infine Iginio Dapreda (1903-1988): pianista, organista, compositore, una solida formazione classica, un temperamento riservato e una grande fede in Bach, compositore eclettico che si dedicò principalmente all’organo e al pianoforte ma anche – quando in Trentino impazzò la moda – al mandolino. Uno stile raffinato ed elegante, nutrito delle sonorità di Verdi, Puccini e Wagner: come gli altri due compositori dedicò solo poche pagine alla musica sacra, perché, ormai, la composizione sacra sembrava aver perso interesse nel dialogare, almeno in Italia, con la composizione coeva. E ormai il mondo musicale guardava altrove.
La maggior parte di questi brani si trova ancora in forma manoscritta e inedita: essi sono conservati negli archivi musicali del Seminario diocesano di Trento (Biblioteca Vigilianum) e nell’archivio storico musicale del coro Santa Lucia di Magras, recentemente catalogato e digitalizzato e ora fruibile apertamente online: https://corosantalucia.it/.
Cecilia Delama

Il CORO SANTA LUCIA è un coro polifonico maschile nato nel 1990 a Magras, piccola frazione del Comune di Malé (TN). Il repertorio del coro è costituito quasi esclusivamente da musiche ceciliane, brani polifonici in lingua latina per voci virili, spesso accompagnati dall’organo, che abbracciano l’intero anno liturgico. Il coro ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed esibizioni concertistiche, collaborando con vari ensemble e musicisti.

 Nel corso degli anni, ha avviato un importante progetto di ricerca, catalogazione ed archiviazione del patrimonio musicale dimenticato nelle sacrestie delle chiese della Val di Sole e della vicina Val di Non, dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II. L’archivio raccoglie spartiti di brani composti tra gli ultimi decenni del XIX sec e la prima metà del XX sec., quando la diffusione del Cecilianesimo – soprattutto in Germania, Francia e Italia – produsse una radicale trasformazione e omologazione del repertorio liturgico.  In Trentino la riforma prese avvio il 21 novembre 1890, con la fondazione della “Società Ceciliana Trentina”, che riuscì a costruire un’inedita quanto efficace rete didattica che raggiunse tutte le parrocchie della diocesi, comprese quelle più lontane e disagiate. Nella nostra regione il Cecilianesimo divenne un fondamentale tratto d’identità e di tradizione locale, intensamente popolare.

FAUSTO CESCHI, autodidatta appassionato, ha frequentato i corsi di direzione corale organizzati dalla Federazione Cori del Trentino, con i docenti Nicola Conci – Giuseppe Nicolini – Giovanni Maria Rossi – Gianluigi Dardo ed altri. Ha cantato in varie formazioni corali, di polifonia classica e di canto popolare. Nel 1985 fu direttore del coro della Brigata Alpina Tridentina e dal 1990 dirige il Coro Santa Lucia di Magras, riuscendo a recuperare e a riproporre il prezioso repertorio di canti sacri del Cecilianesimo.

TIZIANO ROSSI, nato a Ossana in provincia di Trento, si è diplomato brillantemente in clarinetto presso il conservatorio di Trento, in saxofono presso quello di Parma, in organo e composizione organistica presso il conservatorio di Vicenza. Ha studiato organo con G. Parodi, S. Innocenti diplomandosi sotto la guida di R. Antonello, direzione d’orchestra con D. Gatti. Svolge attività concertistica con diverse formazioni e come solista in Italia e all’estero con ottimi consensi di pubblico e di critica. Ha partecipato a registrazioni radiofoniche e televisive per enti statali e privati. Dal 1981 collabora con l’orchestra dell’Arena di Verona, successivamente anche con l’orchestra Haydn di Trento e Bolzano, con la Rai di Milano, con l’orchestra del teatro Carlo Felice di Genova, con l’orchestra Maggio Musicale Fiorentino, con l’orchestra A. Toscanini dell’Emilia Romagna e con l’orchestra nazionale della RAI di Torino sotto la direzione di autorevoli maestri in campo internazionale quali: L. Maazel, G. Prètre, I. Karabtchevsky, D. Oren, R. Muti, W. Marschall, W. Eddins, E. Morricone. Per quanto riguarda la musica da camera, ha collaborato con il gruppo di musica contemporanea “I Solisti dell’Arena di Verona”, con l’ensemble di dodici saxofoni “Hallo mr. Sax” diretto da Mario Marzi, con il quartetto “Saxophonia” di Trento, con il “Trio Teleman”. In seno al festival internazionale di musica sacra di Sumperk nella repubblica Ceca ha inaugurato, dopo il restauro, il grande organo della cattedrale di Zabreh. Unitamente all’orchestra dell’Arena di Verona ha inaugurato la Royal Opera House di Muskat in Oman, primo teatro d’opera del territorio arabo. E’ vincitore del concorso nazionale indetto dal ministero della pubblica istruzione per l’insegnamento nei conservatori di stato.