Concerti 2020

BEAUTY FARM

VENERDÌ, 9 OTTOBRE * – Trento, Badia di San Lorenzo, ore 21.00
SABATO, 10 OTTOBRE – Bolzano, Duomo, ore 20.00

* Necessaria la prenotazione

 

BEAUTY FARM, settimino vocale

Programma
G. P. da Palestrina:

Missa Papae Marcelli

Kyrie
Gloria
Credo
Sanctus
Agnus Dei (I-II)

In collaborazione con Musica al Duomo di Bolzano
In collaborazione con il Festival Trento Musicantica

Corona Musica

La „Missa Papae Marcelli“ di Palestrina: vertice della musica sacra Papa Giovanni Paolo I, passato alla storia come „il Papa del sorriso“ e nel quale molti credenti avevano riposto grandi speranze, per la cerimonia del suo insediamento non solo rinunciò alla tiara ed alla Sedia gestatoria (la portantina dei papi) ma interruppe anche la lunga tradizione che prevedeva, durante la fastosa liturgia, l’esecuzione della Missa Papae Marcelli del Palestrina. La morte prematura del Papa, fonte di innumerevoli disanime storiche, dopo soli 33 giorni di pontificato, casualmente ricorda come anche il dedicatario del capolavoro palestriniano, Papa Marcello II, ebbe in sorte la propria dipartita dopo qualche settimana dall’elezione. Coincidenze strane, il papa che diede vita alla Messa e il papa che ne volle la “morte” accomunati dal destino di una fine precoce ed entrambi vissuti in momenti cruciali per la vita della Chiesa stessa l’uno erede del Concilio Vaticano secondo, l’altro alle prese con la prova cruciale della diffusione del protestantesimo. Infatti nel corso della sua storia la Chiesa cattolica è sempre stata esposta a pericoli interni ma anche esterni: dallo scisma orientale tra le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica romana, che si fa risalire comunemente all’anno 1054, allo scontro appunto con il movimento protestante, cinquecento anni dopo, a metà del XVI secolo. Qualche decennio prima, Martin Lutero aveva quasi dichiarato guerra a Roma con l‘affissione delle sue famose tesi. Anche se al centro del movimento protestante c’ erano dapprima i territori tedeschi, il protestantesimo si diffuse in maniera relativamente rapida anche in zone estese oltre l’area linguistica tedesca. Parlare propriamente di una pandemia causata dal virus del protestantesimo nel primo secolo dell’era moderna è naturalmente esagerato, tanto più che il lavoro missionario della „chiesa“ in Sud America era giusto allora in pieno svolgimento. Roma tuttavia riconobbe i segni dei tempi e indisse un Concilio a Trento, che, nei suoi obiettivi di fondo, mirava a rafforzare la chiesa contro l’”eresia” protestante. L’era post-Tridentina – questo era il pio desiderio – avrebbe dovuto riaffermare la supremazia di Roma in materia di fede sino alla fine dei tempi. Nell’ambito della musica liturgica, il Concilio accolse le indicazioni di Marcello II, che aveva convocato i cantori della sua cappella già il Venerdì Santo del 1555, terzo giorno del suo breve pontificato, insistendo affinché la musica fosse adeguata al momento liturgico e il testo ne fosse comprensibile. All’epoca la musica liturgica faceva uso di melodie profane per il cantus firmus, cercando una maggior comunicazione con i fedeli che potevano riconoscervisi. In questa prospettiva, compositori come Heinrich Isaac nella sua Missa Carminum, potrebbero aver agito con le migliori intenzioni, componendo musica adatta alle orecchie della gente, come se oggi componessimo una messa sull’hit „I bin der Anton aus Tirol”, ma senza considerare l’auspicato scopo di diffondere e rafforzare la fede. Nell’intenzione della chiesa romana tuttavia non rientrava affatto la comprensibilità del testo per i fedeli, uno dei cardini della riforma protestante: il mantenimento della lingua latina, negando di fatto l’accesso al popolo meno colto, manteneva la religione nell’ambito del “Misterium fidei” rivendicando alla sola chiesa l’interpretazione del testo sacro. La storiografia è solita indicare come salvatore della musica sacra il laziale Giovanni Pierluigi, nato intorno al 1525 e chiamato in breve il Palestrina. Cantore a Roma e più tardi direttore della Cappella Giulia a San Pietro, il Palestrina scrisse oltre un centinaio di Messe e innumerevoli mottetti, il cui stile influenzò profondamente la musica sacra post-tridentina. Il Concilio bandì dalla musica liturgica non solo tutto ciò che era profano, ma anche una polifonia composta secondo severe regole stabilite, nella convinzione si dovesse preferire il semplice canto gregoriano all’unisono. Ma Palestrina mostrò di poter comporre secondo i desiderata dai padri conciliari, evitando complicazioni per iniziati come l’uso della musica ficta, gli intervalli di salto o le dissonanze su accenti forti della battuta. Ne nacque una scuola in cui un maestro come Nicolas Gombert figurava praticamente come un eretico. Considerata ancora oggi la quintessenza della polifonia rinascimentale, la Missa Papae Marcelli, che Palestrina dedicò appunto a Papa Marcello II, rappresenta l’esempio classico di questa nuova “semplicità” nella musica sacra. Scritta a sei voci, prevede tuttavia anche, come si deduce dalla pubblicazione delle parti staccate nel 1567, l’utilizzo di un settimo cantore solo nel terzo Agnus Dei; una prassi che può riuscire sorprendente oggi, ma per niente insolita nel Rinascimento. Nel XIX secolo l‘opera venne inserita nel repertorio dei cori di più alto livello e da 100 anni rappresenta uno standard nel catalogo discografico della classica. Se ne possono trovare registrazioni per opera del coro della Cattedrale di Sant‘Edvige a Berlino, dell‘Aachener Domchor, del King‘s College Choir di Cambridge sino a quelle di gruppi specialistici come i Tallis Scholars. Pur con tutte le differenze, presentano qualcosa in comune: una visione e una interpretazione romantica di fondo. La musica sacra di Palestrina era destinata a cantori specialisti, come le opere di Ockeghem, Josquin o de La Rue. Il fatto che questi cantanti altamente dotati fossero per lo più anche compositori è marginale ma documenta le loro eccezionali doti musicali. Per quanto riguarda l‘organico vocale, ai tempi di Palestrina e per diversi secoli a venire valeva la regola che „mulier taceat in ecclesia“. Dunque cantavano solo gli uomini. La presenza, nell’opera in questione, del sol2 nelle voci superiori costituisce sicuramente un problema, come la scrittura in chiave di tenore per la linea del basso: si trattava tuttavia di un tipo speciale di notazione, dove la presenza delle cosiddette “chiavette” indicava che la Messa doveva essere eseguita trasportando verso il grave. Il brano quindi è oggi eseguito di solito una quinta o una quarta sopra di troppo. C‘è anche la questione della conduzione ritmica, su cui le moderne edizioni sorvolano. Comunque, il Kyrie inizia in Tempus perfectum diminutum, l’attuale misura alla breve. Semplificando, la brevis – quasi equivalente ad una doppia nota intera – diventa così unità di tempo, il cosiddetto tactus, corrispondente al battito cardiaco umano. Così la maggior parte delle interpretazioni della più famosa Missa del Palestrina risultano eccessivamente lente. Gli appassionati della musica rinascimentale noteranno che, contrariamente alla prassi generale, non si abbina alcun strumento alle voci, nel rispetto della prescrizione che caratterizzava le musiche del papa, destinate alla Basilica di San Pietro. All’obiezione che questa prassi non è del tutto dimostrabile, si potrebbe opporre il fatto che probabilmente nessuno strumento riesce a raggiungere la profondità emotiva di una voce umana.

Bernhard Trebuch (traduzione in italiano di Annely Zeni )

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