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BAROCCO SACRO: GIOVANNI LEGRENZI

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BAROCCO SACRO:
GIOVANNI LEGRENZI

NOVA ARS CANTANDI
Alessandro Carmignani, soprano
Andrea Arrivabene, contralto
Alberto Allegrezza, Gianluca Ferrarini, tenori
Marcello Vargetto, basso
Ivana Valotti, organo
Giovanni Acciai, direttore

 

Giovanni Legrenzi (1626-1690)
Compieta (1662)
per Canto, Alto, Quinto, Tenore, Basso e Organo
Prima esecuzione in epoca moderna

Girolamo Frescobaldi (1583-1643)
Toccata [per organo]
(dal Codice Chigi Q. IV. 25). Prima esecuzione in epoca moderna

Giovanni Legrenzi, Compieta, op. VII (Venezia, Francesco Magni detto Gardano, 1662)
Jube, domne, benedicere
Confiteor Deo omnipotenti
Converte nos Deus (Psalmus LXXXV)
Cum invocarem (Psalmus IV)

Girolamo Frescobaldi (1583-1643),
Canzona che segue la Toccata [per organo]
(dal Codice Chigi Q. IV. 25). Prima esecuzione in epoca moderna

Giovanni Legrenzi, Compieta, op. VII (Venezia, Francesco Magni detto Gardano, 1662)
In te, Domine, speravi (Psalmus XXX)
Qui habitat in adjutorio Altissimi (Psalmus XC)
Ecce nunc, benedicite Dominum (Psalmus CXXXIII)
Te lucis ante terminum (Hymnus)

Girolamo Frescobaldi (1583-1643),
Canzona
(dal Codice Chigi Q. IV. 29). Prima esecuzione in epoca moderna

Giovanni Legrenzi, Compieta, op. VII (Venezia, Francesco Magni detto Gardano, 1662)
In manus tuas, Domine (Responsorium brevis)
Nunc dimittis servum tuum, Domine (Canticum Simeonis)
Litaniae Beatae Mariae Virginis
Ave, Regina caelorum (Antiphona mariana)
Salve, Regina (Antiphona mariana)

 

Virtuosissimo et ammirabile.

Avvezzo a cose sudate e sode

 

La Compieta (ad completorium, al compimento) rappresenta l’ultima parte dell’Officium divinum, ovvero dell’insieme di preghiere che nella Chiesa cattolica romana, a partire dalla prima metà del sesto secolo, i monaci (e, in seguito, anche i sacerdoti) intonavano nel corso della giornata, seguendo una scansione oraria molto rigorosa.

L’Ufficio divino poteva seguire il cursus monastico (usato dalle comunità conventuali osservanti la regola benedettina) o il cursus romano (praticato nelle collegiate e nei capitoli delle chiese cattedrali, nelle chiese parrocchiali, da alcuni ordini religiosi), e era anche conosciuto come cursus secolare o cursus canonico.La Compieta (ad completorium, al compimento) rappresenta l’ultima parte dell’Officium divinum, ovvero dell’insieme di preghiere che nella Chiesa cattolica romana, a partire dalla prima metà del sesto secolo, i monaci (e, in seguito, anche i sacerdoti) intonavano nel corso della giornata, seguendo una scansione oraria molto rigorosa.

Gli elementi principali dell’Ufficio delle ore erano identici sia per il cursus monastico (usato dalle comunità conventuali osservanti la regola benedettina) sia per il cursus romano, ma il numero e la disposizione di questi elementi poteva mutare da un cursus all’altro.

La Compieta è cosí chiamata perché conclude, «compie» le ore canoniche. Si recita prima che la giornata volga al termine e i monaci o i sacerdoti si ritirino per il riposo notturno. Fatta eccezione per le antifone mariane e le litanie che talvolta l’accompagnano la Compieta è l’unica ora dell’Ufficio divino che non subisce cambiamenti di sorta durante l’intero anno liturgico.

Le Compiete con le Litanie e le antifone della Beata Vergine di Giovanni Legrenzi (1626-1690), opera settima (Venezia, 1662) che vengono proposte, per la prima volta in epoca contemporanea, in questo concerto, seguono con fedeltà lo schema delle preghiere prescritte dall’ultima ora dell’Ufficio divino, appena descritto, compendiando in un’unica silloge le due versioni previste dagli ordini monastici e secolari. Per questa ragione il nostro autore intitola la sua raccolta Compiete e non Compieta.

La loro composizione risale al periodo ferrarese del Nostro, quando Legrenzi prestava servizio maestro di cappella dell’Accademia dello Spirito Santo di Ferrara (1656-1665).

Le Compiete sono un’opera di abbacinante bellezza, scritte senza dubbio per impressionare il personaggio al quale essa era dedicata, il marchese Ippolito Bentivoglio e, con lui, l’ambiente aristocratico ed ecclesiastico ferrarese.

Il nostro autore è agli esordi della sua carriera professionale: vuole imporsi con ogni mezzo nel difficile mondo musicale del tempo e, per riuscirvi, deve fin da subito, far vedere di essere un compositore capace, dalle doti musicali non comuni, «virtuosissimo, et ammirabile», «avvezzo a cose studiate e sode».

È la prima volta che egli si cimenta con un corpus di preghiere particolari, appartenenti a una liturgia musicalmente poco frequentata se messa a confronto con quella della Messa o dei Vespri. Insomma, egli intende dimostrare di possedere un bagaglio tecnico di prim’ordine e di saperlo adeguare alle nuove istanze stilistiche che, procedendo nel solco della «seconda prattica» monteverdiana, volevano al centro dell’atto creativo la «parola», declinata in tutta la sua forza espressiva, in tutta la sua corposità rappresentativa. Rendere il suono della parola per il tramite sonoro della musica diventa l’impegno costante che guida il nostro compositore nella realizzazione della sua opera musicale.

Non v’è dubbio che il modello formale prediletto per dare corpo sonoro ai testi delle Compiete sia quello della cantata a sezioni plurime, consistente nella successione di singole parti, fra loro contrastanti per stile, per segnatura metrica e per prescrizione agogica, secondo formule riconducibili allo stile concertato.

Infatti, a esclusione del Confiteor Deo omnipotenti, che si configura come una sorta di recitativo-aria-recitativo e dell’inno Te lucis ante terminum, che è racchiuso entro un’unica, ampia sezione, in tempo ternario; gli altri brani della silloge sono ascrivibili, per tipologia e impianto costruttivo, allo schema della cantata.

L’ascoltatore non farà fatica a cogliere l’infinita gamma di figure retoriche legate agli «affetti» delle parole che il nostro musicista dimostra di conoscere a fondo e di saper utilizzare in modo appropriato e al momento opportuno.

Le frequenti alternanze fra soli e tutti che caratterizzano le sezioni dei componimenti in forma di cantata (senza dubbio, uno dei brani piú rappresentativi, al riguardo, è Qui habitat in adjutorio Altissimi, con il suo continuo dualismo fra gli inserti solistici e le risposte del quintetto vocale), testimonia non soltanto la spontanea inclinazione di Legrenzi per una composizione tenuta viva da arguti contrasti fra gli episodi che la sostanziano, ma anche una matura, consapevole padronanza delle piú aggiornate tecniche di scrittura sul versante di quella «nuova musica» della quale il Maestro di Clusone era avviato a diventare l’indiscusso protagonista nel corso del secolo xvii.

Che dire, infatti, dell’exordium di Cum invocarem, il brano di maggiore lunghezza della raccolta, con quel suo melodizzare sinuoso, intenzionalmente pittorico, intonato dal Cantus, ripreso dall’Altus e dal Tenor prima di confluire nell’abbraccio sonoro delle altre voci; oppure del rilevante, fiorito passaggio belcantistico affidato al Bassus sulle parole «Et scitote, quoniam mirificavit Dominus»; o, ancora, il melodioso e cantilenante procedere dell’Altus in «Signatum est super nos» al quale fa da superbo contraltare l’imperioso fraseggiare del Tenor su «Quoniam tu Domine».

Non meno sature di ingegnose «invenzioni», sono le parti in stylus gravis o antiquus inserite un po’ ovunque nelle sezioni dei brani: luoghi privilegiati nei quali il maestro clusonese ostenta la padronanza di una tecnica di scrittura a dir poco formidabile. Si ascoltino i fugati sull’Amen dei salmi Converte nos Deus, Cum invocarem, Ecce nunc benedicite e Nunc dimittis per rendersene conto.

Il valore dell’arte legrenziana sta nella piena aderenza al comandamento monteverdiano che voleva la musica «serva dell’horatione». Tale asservimento non avviene in forma meccanica e acritica, ma nella consapevolezza del nostro compositore che la parola è già canto prima ancora di essere rivestita di suoni. Essa possiede un battito cardiaco: sillabe e accenti le conferiscono il respiro, il flatus vocis. Il canto, a sua volta, non adempie soltanto a una semplice funzione musicale. Al contrario, esso assolve soprattutto a una funzione di rappresentazione dell’espressione e dei sentimenti insiti nella parola. Il canto, dunque, come testimonianza suprema di un sapere segreto del quale, soltanto Legrenzi, possedeva le chiavi.

© Giovanni Acciai

 

 

Fondato nel 1998 da Giovanni Acciai, il Collegium vocale et instrumentale «Nova Ars Cantandi» è uno dei gruppi piú vivaci, originali e creativi, attivi sulla scena musicale contemporanea.

Da oltre vent’anni, questo ensemble formato da cantanti e strumentisti professionisti, è impegnato nella riscoperta, nella divulgazione di un repertorio rinascimentale e barocco sconosciuto.ondato nel 1998 da Giovanni Acciai, il Collegium vocale et instrumentale «Nova Ars Cantandi» è uno dei gruppi piú vivaci, originali e creativi, attivi sulla scena musicale contemporanea.

Attraverso un repertorio musicale sacro, che risuonava a Venezia, a Ferrara, a Roma, a Napoli, ai tempi del Caravaggio, del Bernini, del Guercino, del Reni, il gruppo esplora un universo di emozioni sonore di rara e intensa bellezza.

Acclamato dalla critica specializzata (Riviste Musica, Amadeus, Classic Voice, Diapason, Early Music, Classical explorer, Crescendo Magazine, Opera Click, Chorzeit, Audiophile Sound, Musica Dei Donum) ha ottenuto alcuni fra i piú prestigiosi premi discografici, come il Premio «Franco Abbiati» 2019 dell’Associazione Nazionale Critici Musicali per il CD Responsoria di Leonardo Leo (Deutsche Grammophon-Archiv Produktion) e la nomination per gli International Classical Music Awards – ICMA 2017, nella categoria «Early Music» per gli Armonici entusiasmi di Davide, op. IX, di Giovanni Battista Bassani.

Ha registrato per numerose etichette: Naxos, Deutsche Grammophon-Archiv Produktion, Tactus, Stradivarius, Sarx Records, Concerto.

Presente nei maggiori festivals di musica (MITO, «Musica Maestri» del Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Milano, Antiqua Bolzano, Pietà dei Turchini, Magie barocche, Oude Muziek, Lisbona, Cantar di pietre, Mantova, Trento Musica antica, Grado, Concerti in Sant’Eufemia, Pordenone, Festival internazionale di musica sacra), l’ensemble offre una grande varietà di programmi musicali raffinati ed esclusivi, in quanto inediti, che spaziano dalle cantate sacre di Alessandro Stradella ai salmi concertati di Giovanni Battista Bassani, alla «Messa del Granduca» di Tarquinio Merula, alla «Musique du soir» nella Germania del Nord al tempo di Buxtehude, ai «Contrafacta» di Claudio Monteverdi, agli «Affetti devoti» e alle «Compiete» di Giovanni Legrenzi, ai «Responsoria» di Leonardo Leo, al «Vespro solenne di San Giovanni» di Francesco Durante.  (www.novarscanatndi.it)

 

Curriculum ACCIAI

 

 

Riconosciuto unanimemente come uno dei massimi interpreti del repertorio vocale rinascimentale e barocco, Giovanni Acciai si è diplomato in Organo, Composizione e Direzione di coro e si è specializzato in «Paleografia e filologia musicale» presso l’Università degli studi di Pavia.

È professore emerito di Paleografia musicale nel Corso di Musicologia presso il Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Milano.

Nel 1982 è risultato vincitore del concorso per la realizzazione dell’edizione critica della Messa di Gloria di Gioacchino Rossini, indetto dalla Fondazione «Rossini» di Pesaro e pubblicata da Casa Ricordi.

Già direttore della rivista di musica vocale «La Cartellina», fondata da Roberto Goitre e de «L’Offerta musicale», ha al suo attivo numerose revisioni di musiche antiche, saggi musicologici, traduzioni, l’elenco dei quali è possibile consultare sul sito www.giovanniacciai.it.

Direttore della «Corale universitaria di Torino» (dal 1974 al 1983), del «Coro del Teatro comunale» di Bologna (1981-1982) e del «Coro da camera della rai» di Roma (dal 1989 e fino allo scioglimento del complesso, avvenuta nel 1994), è attualmente direttore artistico e musicale dei «Solisti del madrigale» e del Collegium vocale et instrumentale «Nova Ars Cantandi», formati da cantanti e strumentisti professionisti, alla guida dei quali svolge una intensa attività concertistica e discografica.

Per i meriti artistici e musicali acquisiti in campo internazionale è stato eletto nel 1991, «membro onorario» dell’American choral directors associations e nel 2020 è stato nominato «socio onorario» Associazione Internazionale Studi di Canto Gregoriano di Roma. Ancora nel 2020, l’Associazione nazionale di liuteria artistica italiana di Cremona gli ha conferito il Premio A.N.L.A.I. 2020 «per una vita dedicata alla musica e all’arte».

È direttore artistico dei Concorsi internazionali di canto corale di Grado di Lucca, di Assisi e di Quartiano (Lodi).

È regolarmente invitato a ricoprire l’incarico di presidente e di membro di giuria dei piú importanti concorsi nazionali e internazionali di canto e di composizione corale; a tenere relazioni in convegni musicologici, masterclass e stage di perfezionamento in direzione di coro presso Conservatori, Associazioni musicali italiane e straniere.

Per conto della casa discografica Nuova era ha curato la registrazione del «Quarto» e del «Sesto Libro de Madrigali a cinque voci» di Claudio Monteverdi, nell’esecuzione dei «Solisti del madrigale». 

Alla guida del Collegium vocale et instrumentale «Nova Ars Cantandi» ha invece realizzato, per la Concerto di Milano, la registrazione dei «Vespri per la festa di Ognissanti» di Giovanni Giacomo Arrigoni;  per la Sarx Records di Milano, lo «Stabat Mater» di Pasquale Cafaro, i «Responsori della Settimana santa» di Francesco Durante e il «Primo libro dei motetti a quattro voci» di Giovanni Pierluigi da Palestrina; per la Stradivarius di Milano, l’edizione integrale delle «Lamentazioni e Responsori della Settimana santa» di Lodovico Grossi da Viadana, un CD intitolato «Europa concordia musicae», contente musiche polifoniche dei secoli XV e XVI, commissionato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla RAI in occasione del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, il «Primo libro delle messe a quattro voci» (1561) di Giovanni Contino e i «Concerti ecclesiastici a 1, 2, 3 e 8 voci» (1604) di Giacomo Moro; per l’Unda Maris di Palermo ha registrato il «Missarum cum quinque, sex et octo vocibus, liber primus» (1575) di Pietro Vinci; per la Tactus di Bologna il «Vespro a cappella della Beata Vergine, opera ottava» (1678), di Isabella Leonarda e gli «Armonici entusiasmi di Davide», opera nona (1690) di Giovanni Battista Bassani. Quest’ultimo disco ha ricevuto nel 2017, la nomination per gli International Classical Music Awards – ICMA, nella categoria «Early Music»; per la rivista Antiqua-Classic Voice, ha realizzato due CD dedicati, rispettivamente a «La musica dei mercanti. I concerti serali della Germania del Seicento» e «La musica del Giubileo. Un Vespro seicentesco per la divina Misericordia»; per la Archiv-Deutsche Grammophon, l’«Arpa davidica. Salmi e Messa concertati», opera XVI (1640) di Tarquinio Merula, i «Contrafacta» di Claudio Monteverdi («disco del mese» per le riviste Classic Voice e Amadeus), «Confitebor» e i «Responsoria» di Leonardo Leo («disco del mese» per la rivista di critica discografica Musica e Premio «Franco Abbiati» 2019 dell’Associazione nazionale dei critici musicali); per la Naxos, le «Compiete con le lettanie et antifone della Beata Vergine», a cinque voci, opera VII (1662) e l’«Harmonia di affetti devoti», opera III (1655) di Giovanni Legrenzi, mentre è in preparazione, sempre per la Naxos, un CD dedicato a musiche sacre inedite di Antonio Durante.

Nel dicembre del 2004 è stato nominato membro attivo e rappresentante ufficiale per l’Italia del «Choir Olympic Council», sotto l’egida dell’unesco.

Nel novembre 2015 fa parte del Réseau Européen de Musique Ancienne (r.e.m.a.), la rete europea di riferimento per la musica antica, che riunisce membri di ottantotto istituzioni culturali di ventun paesi europei.

Nel 2021, insieme con Ivana Valotti, ha fondato a Milano il festival di musica antica «Europa Concordia Musicae».