festival

CONCERTO PER CORO e ORGANO A 4 MANI

VENERDÌ 26 AGOSTO 2022 – BRENTONICO, Chiesa parrocchiale, ore 20.30

 

CORO IN DULCI JUBILO
dell’Istituto Diocesano di Musica Sacra (TN)

Tarcisio Battisti, direttore

 

Paolo Delama e Tarcisio Battisti, organo

 

ORGANO  A 4 MANI

J. C. BACH (1735-1782): Sonata seconda a quattro mani
(Allegro-Rondò)

W. A. MOZART (1756-1791): Fantasia KV 594
(Adagio-Allegro-Adagio)

G. M. ZANDONATI (1754-1838): Sonata per organo a 4 mani in Fa
(Allegro-Andantino-Allegro)

ORGANO E CORO

D. BUXTEHUDE (1637-1707): In te Domine speravi

J. S. BACH (1685-1750): Corale dalla Cantata BWV 147

W. A. MOZART (1756-1791): Ave verum corpus KV 618

C. FRANCK (1822-1890): Ave Maria FWV 62 – Domine non secundum FWV 66

G. FAURÉ (1845-1924): Ecce fidelis servus op. 54

L. PEROSI (1872-1956): Ecce panis – Benedictus sit Deus Pater

L. VIERNE (1870-1937): Tantum ergo op. 2

 

PROGRAMMA DI SALA

 

Note al programma

La letteratura organistica per due esecutori, quattro mani ma all’occorrenza anche quattro piedi, si è formata principalmente a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, almeno inizialmente come necessario adattamento per rendere possibile l’esecuzione del repertorio dei grandi compositori del Barocco tedesco – in particolare di J. S. Bach – su strumenti sprovvisti di pedaliera o con pedaliera ridotta. Già dallo stesso periodo si viene tuttavia formando anche un repertorio originale che trova motivazione nella possibilità per i compositori di mettere ancor più in evidenza le possibilità tecniche e foniche dell’organo. Pur non essendo particolarmente corposo rispetto al totale il repertorio per due esecutori contiene delle vere gemme musicali e ha ottenuto l’attenzione di molti tra i maggiori compositori di musica organistica fino ai giorni nostri.

C’è un curioso filo storico che lega gli autori dei tre brani organistici in programma. Johann Christian Bach, vent’anni più anziano degli altri due, fu un modello e un amico per Mozart il quale a sua volta fu un modello per Zandonati. Mozart ebbe modo di conoscere direttamente J. C. Bach a Londra nel 1764 nel corso della sua trionfale tournée nella veste di bambino prodigio nelle maggiori capitali europee e non si può escludere che il roveretano Zandonati abbia incontrato Mozart nel dicembre del 1769 quando, nel corso del suo primo viaggio in Italia, il compositore austriaco fece tappa proprio a Rovereto dove tenne due applauditissimi concerti.

Dal punto di vista strutturale i brani di J. C. Bach e di Zandonati hanno diversi punti in comune: dall’articolazione in più movimenti, al carattere brioso e brillante; dalle scelte tematiche alla elaborazione formale; dal linguaggio armonico a quello ritmico. Vi si alternano momenti di insieme e di dialogo tra i due esecutori con un procedere scorrevole ed elegante che esalta il piacere di suonare insieme.

La genesi della Fantasia di Mozart è particolare e inconsueta. Il brano fu commissionato dal conte Joseph Deym, collezionista appassionato di oggetti rari, per uno dei suoi “Flötenuhr”, un organo a tutti gli effetti che tuttavia suonava non attraverso tastiere e pedaliera ma grazie a un meccanismo simile a quello del carillon. Pur trattandosi di un pezzo d’occasione Mozart non mancò di riversarvi tutta la sua maestria e profondità di compositore in particolare nei due Adagio. Ovviamente, considerata la particolare destinazione del brano, Mozart utilizzò una scrittura che trascende i limiti tecnici dell’esecuzione organistica. Non che questa sia impossibile, ma risulta senz’altro piuttosto faticosa. Per questo motivo il brano viene spesso proposto nella trascrizione a quattro mani, una soluzione che, distribuendo il materiale sonoro tra i due esecutori, permette, attraverso il più facile il controllo tecnico, una esecuzione più espressiva e scorrevole. (Tarcisio Battisti)

 

Con carattere antologico è impostato il programma corale, spaziando dal Barocco al XX secolo, mantenendo tuttavia una trama che alle liason delle parte organistica fa comunque riferimento: insegnanti, modelli, mentori. Così nell’ottobre del 1705 Johann Sebastian Bach, all’epoca organista ad Arnstadt, fece 400 km per recarsi a Lubecca, dove rimase poi 4 mesi, per ascoltare l’anziano Buxtheude e se ne ritornò con l’arditezza di variazioni tali da “confondere” i fedeli riuniti al tempio, almeno secondo l’opinione dei suoi “conservativi” superiori. I brani in programma provengono entrambi dalla forma della cantata tipica della liturgia luterana: In te domine speravi si presenta con una brillante scrittura imitativo-contrappuntistica ricca di vocalizzi che impegnano tutte le sezioni vocali, mentre il celeberrimo Jesu bleibet meine Freude affida il florilegio variativo all’organo in rapido ritmo composto, mentre il coro armonizza delicatamente la semplicità dell’originale corale luterano. Solo 46 battute, sul testo medievale dell’Ave verum Corpus, scritte a Baden per il Corpus Domini, nell’ultima estate di Amadeus: un piccolo motetto originalmente con l’orchestra e uno dei momenti più alti del genio mozartiano. Linearità ed espressività divengono direttamente proporzionali grazie ad una attenzione alla pulizia dei timbri, al significato delle parole, ad una scrittura chiara e sommessa. Che sia pur con un salto geografico e storico non manca di ispirare i romantici e post-romantici francesi: il fil-rouge che unisce Franck a Faurè ed a Vierne può essere considerato proprio un modo intimo e raccolto di intendere la dimensione religiosa, non più funzionale strettamente alla liturgia, ma piuttosto espressione di un sentimento individuale, caratterizzato da una fondamentale e squisitamente transalpina “tendresset”, riconoscibile negli andamenti melodici sempre cantabili e nel gusto per le atmosfere armoniche. Senza “rivoluzioni” naturalmente, sconsigliabilissime alla rigorosa professionalità degli autori, tutti attivi organisti nelle basiliche parigine. Louis Vierne fu addirittura titolare a Notre-Dame e, dopo una vicenda biografica piuttosto contrastata, vide accolto almeno il suo desiderio di morire (accadde nel 1937) alla consolle dell’organo di cui era titolare, quel monumentale Cavaillé-Coll al tempo strumento principale della cattedrale parigina. Infine l’omaggio all’Italia premia monsignor Lorenzo Perosi, considerato guida ed esponente principale del Movimento ceciliano, che, soprattutto nel Belpaese, richiamava la musica liturgica alla severità dei modelli antichi, antidoto alle “devianze” melodrammatiche. Autore estremamente versatile e prolifico di oratori, messe e motetti, in questo programma si accoglie con due piccoli brani, dove il richiamo allo stile gregoriano e una polifonia scorrevole accompagnano una sempre presente freschezza melodica. (Annely Zeni)

TARCISIO BATTISTI è diplomato in Organo e Composizione organistica, in Pianoforte, in Musica Corale e Direzione di Coro, in Canto, in Clavicembalo, in Strumentazione per Banda e in Composizione liturgica. Nel 2007, ancora presso il Conservatorio di Trento, ha ottenuto il Diploma Accademico di II livello in Composizione liturgica con il massimo dei voti e la lode. In qualità di organista e clavicembalista ha collaborato con cori, cantanti, formazioni strumentali e cameristiche e ha tenuto numerosi concerti in Italia e all’estero. È insegnante al Conservatorio Bonporti, sede di Riva del Garda e all’Istituto Diocesano di Musica Sacra di Trento. Sue armonizzazioni, elaborazioni e composizioni originali vocali e strumentali sono eseguite in concerto e incise in CD. Ha inoltre partecipato alla realizzazione di numerosi CD di musica organistica e corale. È membro della Commissione Organi dell’Arcidiocesi di Trento ed è socio fondatore dell’Associazione Organistica Trentina “Renato Lunelli” per la quale ha coordinato e curato la catalogazione storica e tecnica del patrimonio organario della provincia di Trento.

PAOLO DELAMA si è diplomato in Organo e Composizione organistica con il maestro Giancarlo Parodi e in Musica corale e Direzione di coro con Terenzio Zardini. Ha conseguito la laurea specialistica in Composizione liturgica a pieni voti con lode. È referente del Servizio Liturgia dell’Arcidiocesi di Trento. Già professore stabile straordinario di Musica Sacra allo Studio Teologico Accademico di Trento, insegna all’Istituto Teologico Affiliato di Trento. È socio dell’Associazione Organistica Trentina “Renato Lunelli” per la quale ha curato la catalogazione tecnico-descrittiva del patrimonio organario della Provincia di Trento. Ha condotto numerose trasmissioni radiofoniche e televisive di interesse musicale e liturgico. Alcune sue composizioni sono state pubblicate dalle editrici Carrara, Elledici e Rugginenti. Ha inciso alcuni CD (organo solo, arpa e organo, organo a quattro mani) e curato edizioni critiche di opere omnie di David Urmacher e Lyonel Feininger. È socio ordinario dell’Accademia Roveretana degli Agiati e della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche. È maestro della Cappella Musicale della Cattedrale di Trento.

Il CORO “IN DULCI JUBILO” è espressione dell’Istituto Diocesano di Musica Sacra di Trento. Costituito da alunni ed ex alunni provenienti da tutto il Trentino il coro raccoglie elementi musicalmente e vocalmente preparati e indirizza i propri interessi allo studio e alla diffusione del repertorio sacro. All’interno di questo repertorio, particolare attenzione è rivolta alla riscoperta della tanta letteratura dei secoli XIX e XX che le mutate esigenze liturgiche hanno reso inadatta a un’esecuzione all’interno delle celebrazioni e che, proprio per questo, nonostante l’indiscusso valore musicale vivono una stagione di ingiustificato oblio. Nel repertorio del coro non è poi trascurata la ricerca e la valorizzazione di pagine di autori trentini. Il coro è affidato a due noti musicisti trentini che da anni lavorano all’interno dell’Istituto: Tarcisio Battisti e Paolo Delama.